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10 dicembre 2006

Il PD s'ha da fare, ma io non ci sarò

Nonostante le dichiarazioni e i sondaggi, a prescindere dal suo stato di salute, sono convinto che tra qualche mese si potrà sancire la morte politica di Silvio Berlusconi.
L’eredità che lascerà sarà enorme. Prima di abbandonare la scena politica dubito riuscirà a creare il partito unico del centro destra. Troppo ghiotto è il lascito. Il 23 per cento dei consensi, più di 9 milioni di voti. Nessuno potrà sostituirlo. Il culto del capo lo si paga così: muore lui, gli altri, spaventati, cercheranno un’altra chioccia.
Ma non sarà tanto importante cosa farà Cicchitto, Bondi o Pisanu. Chi li ha votati conta di più.
Ecco perché il Partito democratico s’ha da fare. Penso proprio così.
Casini sarà lì, ad aspettare gli orfani del Cavaliere e gli scappati di casa, i cattolici della Margherita che mai si piegheranno ad allearsi in un unico partito con gli ex comunisti
Non si può fare altro, se non si vuole regalare a lui la dote, bisogna legarsi more uxorio ad un progetto politico, nuovo, dai confini incerti, che tenti di esportare, ciò che in Italia è stato veramente un unicum: un Partito che trova alleati ex comunisti e nuovi democristiani.
D’altro canto la presenza di Berlusconi e la nascita di Forza Italia, un assurdo politico in tutta Europa, ha spostato clamorosamente a destra il baricentro politico italiano, dando visibilità e potere ai post fascisti di Alleanza nazionale e attendibilità ai politicanti leghisti e ai loro rigurgiti neo fascisti.
Penso che sia giusto fare il Partito democratico ma non sono convinto che il progetto politico risulterà vincente, ho una gran paura che perderà solo pezzi a sinistra e destra e i voti non arriveranno così copiosi. Ma si sa, i voti pesano diversamente a seconda del metodo elettorale che si sceglie. E qui si misurerà il vero successo del progetto politico, Partito Democratico.
Ho condiviso il programma di Prodi, come punto di equilibrio, dignitoso e alto di più forze e idee politiche così differenti.
Sarà il programma del Partito democratico, oppure, per riuscire ad intercettare i voti degli orfani, si dovrà immaginare una linea maggiormente moderata e meno laica?
Quanto sarà poco definita questa identità?
Le liberalizzazioni? Saranno privatizzati i trasporti pubblici, i treni?
E l’età pensionabile? Sarà rispettato l’accordo che si farà a gennaio 2007?
Si capisce subito che il Partito democratico non è l’Ulivo. È qualcosa d’altro.
Alcuni dicono che sarà una grande forza con più anime, tipo il Labour party. Sappiamo bene che ciò può diventare realtà solo se si adotterà una legge elettorale che favorirà le grandi coalizioni, unite, oppure premierà il partito più moderato, prevedendo un doppio turno alla francese.
Ho fatto sempre fatica a fare politica con Rifondazione, ma trovo fondamentale che esista nella coalizione che ha eletto Romano Prodi.
Il Partito democratico s’ha da fare, ma io non ci sarò. Svolgerò meglio, con più passione e più efficacia la mia battaglia politica più a sinistra. All’interno di una forza politica che, legge elettorale permettendo, avrà forza e visibilità per dare maggior peso, nel futuro programma di governo alle fasce più deboli della nostra società e del mondo globalizzato, agli immigrati, ai lavoratori precari, alla tutela dell’ambiente, ai pensionati, una forza politica che si opponga al sostegno delle scuole private ai danni della scuola pubblica, che si opponga alla privatizzazione dei servizi. Una forza politica che consideri ancora una sua meta l’applicazione del principio marxista: “Da ognuno secondo i propri mezzi a ciascuno secondo le proprie necessità”, un motto che rappresenti l’approdo finale, di una rotta, tutta ancora da decidere.