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1 gennaio 2012

Non accetto la lettura che Cacciari dà alla vicenda San Raffaele

Massimo Cacciari è convinto che le responsabilità per la gestione del San Raffaele “in grandissima misura se non in tutto risulteranno poco imputabili a Luigi”. Invita il paese a discernere ad analizzare quando invece si tende a “fare grumo di tutto”. “Vedere cosa don Luigi ha fatto in questi anni”. “Quale livello di cura…, i grandi centri di ricerca…,  vedere le università che ha creato”.
“Spero, continua, “che con il tempo sia questo ciò che conta e ciò che dura e sono certissimo durerà.
Queste sono cose vere e documentabili”. E conclude: “Ripeto mi auguro che queste cose si sappiano vedere e non si confondano con altre di cui ovviamente nulla so e tutto ignoro”.
Non accetto questa lettura della vicenda e della società italiana, né accetto l’etica in essa incardinata. Non l’accetto innanzi tutto si svaluti l’opera di altri centri di ricerca, altri professori e altre università, che senza creare un miliardo e mezzo di debiti svolgono il loro lavoro con attenzione, professionalità e cura per il prossimo. In seconda battuta il ragionamento di Cacciari non tiene conto di ciò che potrà ora accadere. O meglio dovrà ora accadere. Come pensa che si possa rientrare dal debito? Dalla sbornia di qualità e cura? Continueranno ad esistere i centri ricerca? E le università? I macchinari unici al mondo che richiamavano professori dagli Usa? Ricordiamo ancora che per tre mesi in estate e autunno i fornitori hanno bloccato le consegne di reagenti per i laboratori e che sono in forse i milioni del 5 X mille che difficilmente affluiranno nelle casse di un ente che per mesi ha fatto parlare di sé per i fondi neri. 
Ed infine la morale serpeggiante nel discorso di Cacciari. Una morale che ci dice che se fai del bene non importa sapere come tu sia riuscito a farlo. Ricordiamo che il San Raffaele era sì dedito al bene della collettività, ma in competizione con altri ospedali a cui toglieva malati e profitti. Di fatto come i partiti. Organizzazioni nate per il bene comune e che rimangono in competizione legittima con altre analoghe organizzazioni. Competizione oltre che legittima, moralmente per me, più accettabile dell’analoga tra ospedali. Ed allora la morale potrebbe anche essere applicata a chiunque si faccia corrompere per raccogliere fondi per un partito che Craxi stesso, amicissimo di Verzé, voleva fosse applicata anche a lui.
Fermo restando che tutto il debito accumulato sia frutto anche di reati (ancora da accertare) e che lo stesso debito sia stato utilizzato unicamente per la cura, la ricerca e l’università. In caso contrario e cioè se i reati, più o meno gravi, che hanno generato e nascosto il debito fossero stati utili anche per interessi privati, la morale serpeggiante sarebbe da applicare anche al mafioso che elargisce soldi e lavori a chi, portandogli rispetto e adulandolo, appartiene alla sua comunità.