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18 ottobre 2014

Nonostante i controlli e le numerose esclusioni rischiamo un cono d'ombra nei controlli antimafia

Nonostante i controlli sul sito e sulle opere connesse, le numerose interdittive antimafia e le successive esclusioni, si rischia che le aziende colluse con gli interessi mafiosi trovino spazio tra i contratti stipulati dai paesi stranieri, per una discutibile interpretazione della normativa redatta quasi un anno fa dal Ministero degli Interni.
Solamente 5 (Svizzera, Montecarlo, Estonia, Ungheria e Francia) sono i paesi stranieri che hanno sottoscritto il protocollo di legalità Troppo pochi. L'emergenza sarà ancora maggiore quando l'anno prossimo i 48 paesi che non soggiacciono alle clausole di rescissione dei contratti, dovranno demolire i loro padiglioni. Trasporto terra, smaltimento rifiuti sono attività per le quali le imprese colluse ad interessi mafiosi, hanno una predominanza allarmante. Neanche per quei lavori sarebbe possibile lasciarle fuori dal cantiere nel caso in cui la Prefettura valutasse necessario emettere interdittiva antimafia. La scelta sarà demandata ai governi stranieri che su temi così rilevanti legati all'ordine pubblico avranno piena autonomia sul nostro territorio. Non è possibile!
Nella seduta congiunta Expo Antimafia del 17 ottobre, alla presenza dell'ingegner Alessandro Molaioni Direttore Tecnico Infrastrutture e dell'avvocato Francesco Marzari Direttore Affari Legali, è stato comunicato che la proposta da me avanzata assieme a Gianantonio Girelli Presidente della Commissione Antimafia regionale, non è secondo Expo e Prefettura, accoglibile. La proposta, inviata anche al signor Prefetto, suggerisce che Expo spa neghi il pass di accesso al cantiere alle aziende per le quali la Prefettura ravvisi gli estremi per l'emissione dell'interdittiva antimafia e che non vengano escluse dall'appalto dalla stazione appaltante straniera non firmataria del protocollo. Un ovvietà: non possiamo permettere che l'accesso sia autorizzato a tutti in un cantiere, quello del sito, pubblico e nel quale viene applicata la legge italiana. 


Durante la commissione sono state chiarite alcune questioni legate ad Andrea Castellotti e Antonio Acerbo. Castellotti, assunto il 24 maggio, dal giono dell'arresto è fuori da Expo. Acerbo nonostante l'autosospensione proclamata dopo l'avviso di garanzia del 15 settembre, rimane. Solamente nel corso della mattina del 17 ottobre, ad un mese dall'avviso di garanzia e dopo approfondimenti, Expo rescinde il contratto. Uno scherzetto che gli ha probabilmente causato l'arresto per rischio di inquinamento delle prove oltre che per il rischio di reiterazione del reato, deciso dal dottor Antezza con l'ordinanza del 13 ottobre. Nell'ordinanza di custodia cautelare viene sostenuto, infatti, che gli indagati come accertato e valutato operano nonostante gli avvisi di garanzia mantenendo anche incarichi e pubbliche funzioni nelle stazioni appaltanti. In un altro punto a pagina 43 viene scritto che non sono "rilevanti ai presenti fini eventuali mere dimissioni non ancora accettate, ovvero mere sospensioni o addirittura semplici autospensioni dall'esercizio delle funzioni che, comunque, allo stato degli atti del presente procedimento, non risultano ufficialmente intervenute. 

Sarà invece Anac, secondo l'avvocato Marzari, che dovrà decidere se accogliere un'altra mia richiesta in merito alla interpretazione del punto 7 dell'articolo 32 del dl 90 24 giugno 2014. Nel  comma viene scritto che per l'azienda commissariata per fatti corruttivi o legati agli interessi mafiosi, l'utile di impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto determinato anche in via presuntiva, sia accantonato in apposito fondo fino all'esito dei giudizi in sede penale. Sarà importante prevedere che quelle somme accantonate siano destinate al risarcimento dei danni proprio di quelle aziende (per ora solamente una), che chiederanno i danni ad Expo per essere giunte seconde in una gara viziata dalla corruzione dei dirigenti della spa.