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31 dicembre 2014

Alcune riflessioni in merito alla sentenza del Tar che ha annullato l'interdittiva antimafia nei confronti dell’Ausengineering

La notizia della sentenza del Tar che ha annullato l’efficacia dell'interdittiva antimafia disposta l'11 settembre scorso dalla Prefettura di Milano nei confronti dell’Ausengineering deve far riflettere.
Il Tar sottolinea in sentenza che “gli indizi raccolti nei confronti dell'amministratore unico della società, a carico del quale risulterebbero un deferimento per porto abusivo di armi (1996), un avviso orale del questore di Vibo Valentia (1998) e una condanna a un anno e 4 mesi per bancarotta fraudolenta (2004)” sarebbero tutti dei “precedenti inidonei a fondare un sospetto di infiltrazione mafiosa”. Le frequentazioni dell'amministratore della società con “esponenti della malavita vibonese” sarebbero inoltre per il Tar “risalenti nel tempo” e non più attuali.

Partiamo dalla considerazione che alla Ausengineering, società nata nel maggio 2010  a seguito dell'acquisto del ramo d'azienda di una nota società di ingegneria e costruzioni nata nel 1966 con il nome di Austin Italia, è stato affidato l’appalto delicatissimo per il cablaggio della centrale operativa di sicurezza situata in via Drago da cui polizia, carabinieri, vigili del fuoco e 118 monitoreranno 24 ore su 24 il sito di Rho-Pero. La stessa centrale operativa utilizzata dalla Polizia Locale e dalla Dia, che opera per conto del Gicex (Gruppo di Interforze Centrale per Expo) e della Prefettura milanese per seguire, monitorare i lavori e gli appalti e combattere i tentativi delle mafie di fare affari con gli appalti pubblici.
L'azienda vibonese, con sede a Pieve Emanuele, era stata chiamata con procedura d'urgenza insieme ad altre 12 ditte. Expo spa aveva infatti deciso di esperire per l’affidamento dell’appalto una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara ai sensi dell’articolo 57 comma 6 e 122 comma 7 del D.Lgs. n. 16/2006 secondo il criterio del massimo ribasso rivolta a 13 operatori che furono invitati a chiamata.
La base d’asta fu indicata in euro 859.847.  Solo in 7 risposero con una proposta. In ragione del numero delle offerte pervenute, meno di dieci, scrisse Sala, e della conseguente impossibilità di applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale, fu chiesto a MM di valutare l’offerta formulata da Ausengineering,  in attesa della risposta, ritenuto che i lavori fossero da svolgere in via d’urgenza, assegnarono i lavori all’azienda che gode tra i clienti numerose aziende importanti, tra le quali anche A2A e MM.
Il ribasso dell’Ausengineering fu del 33,179%. L’impresa Ravelli, seconda, propose un ribasso del 27 per cento. Il Rup fu Angelo Paris.
La Ausengineering Srl si aggiudicò l'appalto per 547 mila euro. Il 6 ottobre scorso, Expo ha rescisso il contratto in forza della sopravvenuta interdittiva antimafia a carico dell'impresa. Interdittiva che doveva arrivare ben prima di allora, essendo stata richiesta ad aprile 2014.

Alcune considerazioni:
  • bisogna ricordare che la Prefettura ai sensi dell’articolo 84 comma 8 e dell’articolo 91 comma 5 e 6 della Legge 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) accerta se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Non ha bisogno di indicare prove certe, ma indizi. Che siano sufficienti o meno entra nel pieno della discrezionalità della magistratura seguendo la giurisprudenza in materia;
  • i contatti del rappresentante legale e amministratore unico dell’azienda con pregiudicati appartenenti o collegati al clan Mancuso di Vibo Valentia, saranno datati (e neanche poi tanto, alcuni di 5 anni fa), ma molteplici, tra i quali Francesco Antonio Campennì nipote di Giuseppe Mancuso capo dell'omonimo clan e fratello di Giovanni, coinvolto in Mafia Capitale;
  • l’appalto non è un appalto qualsiasi ma di una delicatezza estrema;
  • appunto perché l’appalto era di una delicatezza estrema, perché non fu fatta gara pubblica?
  • Expo spa avrebbe dovuto verificare le caratteristiche dell’azienda aggiudicataria ai sensi dell’articolo 38 del Codice degli Appalti, i requisiti di carattere generale: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: … nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale…”. Com’è possibile che non ci si sia accorti della condanna per bancarotta fraudolenta di Pasquale Larocca, rappresentante legale e Amministratore unico dell'azienda? Impossibile. A meno che non ci sia stata una richiesta del Larocca di riabilitazione. Oppure, cosa ancora più improbabile che la sentenza del 2004 non sia ancora definitiva. Cos’è successo? Lo chiederò nei prossimi giorni ad Expo spa.
Ed in ultimo: non trovo francamente giusto che sia Expo spa a risarcire i danni causati ad Ausengineering. Expo spa, indipendente dalle sue scelte in gara, non poteva fare altro che cacciare dal cantiere l'azienda interdetta. Dovrà essere il Ministero degli Interni, nel caso, ad aprire il portafoglio.