A cinque aziende che operavano presso i padiglioni Expo di paesi stranieri, paesi che avevano comunque dichiarato la loro volontà a non sottoscrivere il protocollo, è stato impedito di ottenere i badge di ingresso all'area del sito.
Questo rappresenta per noi una grande soddisfazione.
E' infatti la dimostrazione che la procedura, sollecitata anche a seguito della commissione congiunta con la commissione antimafia della regione Lombardia il 25 luglio u.s., si è dimostrata essere una procedura efficace.
Sono 53 i paesi che hanno sottoscritto i contratti di partecipazione ad Expo Milano 2015 e che procederanno alla realizzazione dei padiglioni cosiddetti Self Built.
Ad oggi hanno manifestato formale adesione al protocollo sei paesi: Francia, Svizzera, Principato di Monaco, Estonia, Moldavia, Ungheria.
Venti sono i paesi che hanno comunicato la volontà di non aderire.
Nell'ambito dell'attività info-investigativa condotta dall'ufficio sulle opere Expo, sono state emesse due informazioni interdittive antimafia nei confronti di due ditte che, dal controllo incrociato delle banche dati in dotazione all'ufficio, e dagli esiti dell'attività di accesso ai cantieri, sono risultate incaricate, tra le altre cose, anche della realizzazione dei padiglioni espositivi, rispettivamente da Oman e dal Qatar, da Israele e dalla Malesia, tutti paesi non aderenti al Protocollo di legalità, ma interessati recentemente da attività di accesso in cantiere. Sono stati quindi informati i commissari generali dei paesi interessati al fine di inibire l'accesso al sito espositivo alle imprese in argomento.
Analoga comunicazione è stata effettuata anche in relazione ad un'altra impresa risultata presente, cooperante nelle lavorazioni del padiglione degli Emirati Arabi Uniti, destinataria di un provvedimento di diniego nelle White List, emesso nel mese di luglio u.s. dalla prefettura di Reggio Emilia.
In tutti i casi sopra descritti, la società Expo ha provveduto al ritiro dei badge di ingresso per inibire l'accesso a mezzi e personale delle imprese risultate controindicate, allontanando "di fatto" le stesse dal sito espositivo.
Il 19 dicembre, in commissione congiunta con la commissione antimafia regionale e con la commissione Expo, avremo in audizione il dottor Cantone.
Sarà quella l'occasione giusta per approfondire ulteriormente il tema dell'applicazione del protocollo di legalità relativamente agli appalti Expo e l'utilizzo dei profitti derivanti dai cantieri commissariati, per risarcire chi farà causa ad Expo spa. Ma sarà utile anche per capire se anche agli appalti relativi ai lavori legati a MM4, di prossimo inizio, verrà di fatto applicato tale protocollo.
E' giusto ricordare che, come ha evidenziato il caso Maltauro, il protocollo aveva al suo interno qualche difetto: in particolare l'art. 4, che prevedeva l'obbligo di segnalare anche le richieste di tangenti e non solo atti di intimidazione nei confronti delle aziende che operano all'interno degli appalti pubblici, determinando laddove tale obbligo non fosse stato mantenuto la rescissione del contratto, fu interpretato diversamente da quello che era in realtà l'intendimento di chi lo inserì all'interno degli articoli del protocollo.
Il dottor Cantone, una volta avuta l'autorità per intervenire anche sugli appalti del sito Expo, ha quindi chiesto che tale articolo venisse modificato rendendolo più chiaro, più facilmente adottabile, ed è fondamentale che questa nuova formulazione rientri a pieno titolo anche nel protocollo di legalità per i lavori della Metro 4. Così come ritengo utile sia inserito all'interno del protocollo l'obbligatorietà di utilizzare le aziende della white list che è depositata presso la Prefettura: white list che identifica le aziende che sono state già vagliate e già scandagliate per ciò che concerne proprio la loro integrità e la loro storia imprenditoriale, aziende che non sono state valorizzate all'interno dei lavori del sito Expo.
Sarebbe estremamente importante, anche se la legge non lo prevede, che all'interno del protocollo da sottoscrivere tra MM4 spa e chi opererà nel cantiere sia previsto tale obbligo, semplificherebbe le procedure e eviterebbe minacce e intimidazioni.