intervista a cura di Federico Ferri
27 luglio 2015
Sono almeno sedici le segnalazioni di scritte contro il 41 bis, l’articolo dell’ordinamento penitenziario che prevede il carcere duro per i mafiosi, comparse nelle ultime due settimane in diversi punti di Milano, tutti visibili e significativi (anche il muro di una scuola, in piazzale Maciachini).
Secondo David Gentili (Pd), Presidente della Commissione antimafia del Consiglio comunale di Milano e Coordinatore regionale di Avviso Pubblico, quelle frasi (di cui ha chiesto la cancellazione entro oggi, 27 luglio, anniversario della strage di via Palestro, con la quale la mafia ricattò lo stato proprio sul tema del 41 bis) sono frutto di un’unica strategia, e lanciano un chiaro messaggio alla cittadinanza e alle istituzioni milanesi.
Quale messaggio, Presidente Gentili?
Non si sa ancora chi sia il mandante di questa campagna su Milano. Possibile sia legata a famiglie mafiose nostrane. Possibile che abbia altra paternità. Recentemente a Roma un’iniziativa è stata organizzata da una componente dell’antagonismo di estrema sinistra sul tema. Un messaggio, quello scritto sui nostri muri, che comunque strizza l’occhio alla mafiosità. Si cercano alleati, contiguità culturali, nonostante, o forse proprio per la risoluta azione antimafia e anticorruzione dell’Amministrazione milanese, visto che (lo attestano le intercettazioni di arrestati e indagati) “da quando c’è Pisapia in Comune non si tocca palla”.
Tuttavia in una recente intervista lei ha affermato che la presenza delle mafie è ancora forte sul territorio…
È vero, a Milano le organizzazioni mafiose fanno molti soldi, grazie alle estorsioni, all’usura, e soprattutto allo spaccio. Denaro che serve a mantenere i detenuti e le loro famiglie, ma che per la massima parte viene riciclato. Nel ciclo dell’edilizia, nella ristorazione, nei locali notturni, ma anche in modi e campi che non ti aspetti: per esempio acquistando un centro sportivo, com’è successo in via Iseo, a Bruzzano. Per questo dobbiamo continuare a tenere alta la guardia e a giocare in attacco, come abbiamo fatto in questi anni.
Ecco, infatti, può provare a elencare tre risultati concreti frutto del lavoro della Commissione da lei presieduta?
Anzitutto l’applicazione della 231 del 2007, la normativa antiriciclaggio (Milano è il primo Comune in Italia), grazie alla quale, incrociando i dati nelle mani dell’Amministrazione (licenze edilizie e commerciali, multe, dati ottenuti dal PRA e dal Catasto, contratti elettrici e del gas, dati dell’anagrafe, informazioni fiscali del cittadino, dati rilevati dal controllo del territorio ecc.), è possibile moltiplicare le segnalazioni alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria) in relazione a operazioni sospette di riciclaggio. In secondo luogo l’introduzione della procedura del Whistleblowing, destinata alla ricezione di segnalazioni provenienti dai dipendenti della Pubblica Amministrazione, per prevenire forme di corruzione al suo interno. Infine la redazione del Codice etico per le società sportive, volto a valorizzare il loro ruolo sociale, culturale e pedagogico e, insieme, a ridurne la vulnerabilità rispetto a interessi illegittimi, illegali e mafiosi. Sono tre risultati importanti, a mio avviso, che mostrano la volontà dell’Amministrazione di farsi carico di alcuni problemi, senza delegare altri, agendo in attacco, cercando di prevenire fenomeni corruttivi, di colpire gli interessi mafiosi nel commercio e nell’imprenditoria, così come nello sport, andando a tutelare la libera e sana concorrenza nel nostro territorio, investendo risorse, ma soprattutto mettendo a sistema e valorizzando quelle esistenti. In particolare il Codice Etico dello Sport, presentato anche lo scorso 21 marzo a Bologna, durante la Giornata della Memoria e dell’Impegno, vuole far leva, per difendere le società sportive, su chi investe tempo e soldi con passione e generosità, sui dirigenti, gli allenatori, gli atleti e le loro famiglie.
Quale di questi tre interventi ritiene avrà (o stia già avendo) gli effetti più tangibili sulla vita dei milanesi?
Sicuramente la normativa anticiclaggio, in quanto la sua completa applicazione aiuta l’economia e l’impresa sana a rimettersi in moto nel territorio, un’economia fortemente penalizzata in un momento di crisi anche da una concorrenza viziata da evasione fiscale, corruzione e, come dicevo prima, fortissimi interessi mafiosi. Penso però che l’istituzione della Commissione antimafia del Consiglio comunale e del Comitato [quest’ultimo composto da esperti e rispondente direttamente a Sindaco e Giunta, NdR] sia già stato un messaggio di tipo culturale e politico che ha modificato la percezione del problema e ha ampliato il panorama delle risorse in campo a Milano per combatterlo. Magari infastidendo, e molto, alcuni.
E per il 2016?
Ci sono diversi progetti. Stiamo lavorando per aumentare i controlli sulle cooperative che vincono o sono coinvolte in appalti pubblici: ho in mente, anche se è meno legato al tema specifico della mia commissione, di proporre un regolamento per le lobby. Penso inoltre sia importante potenziare i luoghi di accoglienza, ascolto e sostegno legale alle vittime di usura e di estorsione (fenomeni, soprattutto il primo, sottovalutati per mancanza di denunce) e avviare, con l’agenzia dei beni confiscati, un protocollo per la gestione di beni a vocazione commerciale che possano essere messi a reddito. Stiamo infine individuando strategie efficaci perché le zone difendano le feste di via e l’ambulantato da potenziali interessi non propriamente mafiosi, ma nutriti da una pervasiva cultura mafiosa.
Bene, il Comune di Milano sembra essere all’avanguardia nella lotta a corruzione e mafie sotto diversi aspetti, ma come siete messi con gli obblighi di legge?A che punto siete, per esempio, con l’attuazione della 190 del 2012, che prevede l’introduzione nell’ordinamento comunale di un Piano di prevenzione della corruzione?
Il Piano è stato approvato nel gennaio 2014 ed ha già avuto già un primo check, così come previsto dalla normativa, presentato in commissione il 13 febbraio 2015. Nel piano sono presenti anche diversi elementi riguardanti le strategie e gli antidoti per combattere gli interessi mafiosi e particolare attenzione è stata data a colmare il vuoto normativo che si è creato per i subappalti al di sotto dei centocinquantamila euro, che prima dell’entrata in vigore del Codice Antimafia erano coperti dalla certificazione camerale antimafia. Nel piano infatti, si prevede che si richieda la documentazione antimafia anche nel caso in cui la richiesta di subappalto, pur risultando di importo inferiore alla soglia minima di centocinquantamila euro, sommata ad altre, riferita allo stesso contratto originale e alla medesima impresa, superi la soglia di cui sopra. E ancora, in riferimento a guardiania, trasporto terra e noli a caldo (in cui, oltre al macchinario, si mette a disposizione anche la forza lavoro per farlo funzionare), si richiedono attenzioni che vanno ben oltre la normativa in essere e che tutelano maggiormente l’Amministrazione, cosicché gli appalti pubblici non siano fonte di riciclaggio e guadagno per le mafie: la certificazione obbligatoria UE per il bitume, l’obbligo di depositare il contratto del servizio di guardiania e di trasporto terra e infine l’obbligo, nel caso di nolo a caldo, dell’autocertificazione antimafia, non prevista attualmente da alcuna legge.