Con la pubblicazione del report di Istat sull'economia non osservata, del 4 dicembre 2015, il valore aggiunto connesso alle attività illegali è stato corretto al rialzo: nel 2013, sono circa 16 miliardi gli euro che vanno ad arricchire il PIL di circa l'1%. Eh già: più droghe verranno consumate dai nostri ragazzi, più il PIL aumenterà.
Con l'introduzione del nuovo standard Sec2010, dall’anno scorso l’Istat ha, infatti, introdotto nel calcolo della “ricchezza nazionale" le attività illegali che hanno un consenso volontario e che si basano su un mutuo accordo: spaccio, sfruttamento della prostituzione, contrabbando di sigarette. Mancano all’appello (e perché mai…) usura, estorsione, contraffazione, commercio d’armi. A differenza di rapine e furti, anche queste, possiamo sostenere, sono frutto di un mutuo accordo. Invece nel PIL non vengono calcolate, così come corruzione e concussione.
Dal 2011 al 2013, il valore dell’economia illegale, e c'è d'andarne fieri, è aumentato da 14 a 16 miliardi proprio grazie all’aumento dei consumi di droghe.
D'altro canto il PIL olandese aveva beneficiato del mercato libero dei derivati della cannabis per anni e quello tedesco della legalizzazione della prostituzione.
In Italia però il commercio di droga vale, in percentuale, il doppio di quello olandese (0,6% del PIL contro lo 0,3) e il sestuplo di quello francese e britannico. Solo la Spagna con lo 0,5% ci contrasta da vicino.
L'Istat però non si ferma qui. Ci ha comunicato anche l'aggiornamento dei dati relativi al valore aggiunto generato dall'economia sommersa (per il 48% circa evasione fiscale). Ai 16 miliardi dell'illegale si devono sommare altri 190 miliardi di euro, pari all'11,9% del Pil, in aumento rispetto agli anni precedenti (11,7% nel 2012, 11,4% nel 2011). Nel complesso, quindi, l'economia non osservata (sommersa e derivante da attività illegali) ammonta, nel 2013, a 206 miliardi di euro, pari al 12,9% del Pil.