Il ristorante di Corso di Porta Ticinese 1, di proprietà della Marass srl, è stato oggetto a inizio aprile di una misura di prevenzione redatta dalla DIA napoletana, ai danni della famiglia Potenza il cui capostipite, Mario, o’chiacchierone, contrabbandiere, viene arrestato nell’operazione Megaride del 2011 per associazione per delinquere, usura, riciclaggio, evasione fiscale. Morirà in attesa di essere processato.
Era il luglio 2012 quando venivano chiusi i locali del Samarani caffè di piazza Diaz sequestrandoli al clan di Ragusa dei D'Agosta e del Gran Caffè Sforza riconducibile a Mauro Russo, campano, e al clan Belforte. Da allora non era accaduto nulla ed è difficile ipotizzare che, soprattutto negli ultimi anni, con l'avvento di Expo, non siano stati investiti ingenti capitali illeciti, legati ad attività criminali anche mafiose nella nostra città, negli esercizi pubblici, nella ristorazione, nella movida milanese. E sono convinto che gran parte di questi capitali sono giunti proprio dalla Campania.
Nella stessa misura di prevenzione la Dia napoletana scrive: "Il settore commerciale privilegiato è stato per diverso tempo quello dell'abbigliamento... La crisi degli ultimi anni non ha scoraggiato la camorra, che forte del suo potere economico, … ha trasformato e modificato l'originaria presenza sul mercato dedicando le proprie attenzioni criminali alle attività di ristorazione, pub, ristoranti piccoli, medi e grandi, cornettifici, pizza a domicilio, a taglio, caffetterie, che pur in assenza di quantità di clientela tali da giustificare, sono state continuamente rimesse a nuovo ed oggetto di importanti interventi strutturali, più che altro per poter giustificare il continuo flusso di denaro illecito da impiegare."
E' oggettivamente complicato. Sono più di centosessanta le pagine destinate a motivare il sequestro ad Assunta Potenza (socia al 50% del ristorante), figlia di Mario e nulla invece si riesce a dimostrare in relazione alla restante quota del 50% del Donna Sophia di proprietà della moglie del’omonimo nipote del boss. È indubbio che negli ultimi anni l’apertura di locali ha cambiato radicalmente il centro città.
Non si vuole criminalizzare un settore ma è un fenomeno che stiamo tenendo in grandissima attenzione. L’Amministrazione Comunale di Milano applica la 231 del 2007. Norma antiriciclaggio. Prima città in Italia e unico capoluogo. Tra il 31 marzo del 2014 ed il 19 gennaio 2017 sono state formalizzate 13 segnalazioni di operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria, che si riconducono a 2.105 operazioni economiche, riguardanti 134 soggetti giuridici e 105persone fisiche. Attività, persone, per le quali c’è il sospetto che siano strumenti di riciclaggio di denaro sporco. La movimentazione complessiva di capitali riconducibile alle 2.105 operazioni economiche segnalate è stata non meno di 195 milioni euro di movimentazioni. Tutto questo per sostenere la concorrenza leale tra imprese a Milano.
Tutto questo depotenziato dalla nuova 231, recentemente approvata dal Consiglio dei Ministri, che limita fortemente lo spettro di azione delle pubbliche amministrazioni, agli appalti, alle concessioni, ai finanziamenti, alle autorizzazioni. Pare veramente paradossale: dal 1991 le PA erano obbligate ad applicare la norma, nel 2014 Milano comincia a farlo, nel 2017 si decide di inserire la marcia indietro. In questo momento, nella ristorazione, per esempio, attività non soggetta ad autorizzazione, ma a controllo, le segnalazioni non si potrebbero più fare, perché escluse dal limitato campo d’azione. A chi giova? Sappiano che Milano non si arrende. Dopo l’audizione che abbiamo fatto in Senato del 5 aprile, prevediamo una nuova serie di incontri che mirano a salvaguardare il modello, preservare la sua peculiarità e proseguire con la stessa efficacia.