Esigere la verità. Moltiplicare gli sforzi per contrastare gli interessi mafiosi e la corruzione. Questi sono i due impegni che nel venticinquennale delle stragi di Capaci e via D'Amelio è giusto assumersi. Come cittadini e come cittadini a cui sono affidati incarichi pubblici.
Nando dalla Chiesa lo dice chiaramente nel suo ultimo libro: l'assassinio di Giovanni Falcone non può passare alla storia, unicamente come la vendetta di Cosa Nostra dopo la sentenza definitiva al maxiprocesso. Enrico Deaglio insiste: non pensiamo che Paolo Borsellino sia stato ucciso unicamente perché aveva saputo della trattativa. Due intellettuali ci invitano a guardare oltre. Avere il coraggio di guardare oltre. La super procura, critica dal mondo antimafioso di allora, faceva paura a Cosa Nostra. Ma ancora di più agli imprenditori del nord che con Cosa Nostra facevano affari.
L'autore de Il vile agguato pone poi ulteriori questioni: "Il depistaggio sulla strage di via D'Amelio è ancora in corso"... "La pista evidente dell'uccisione di Borsellino c'era... perché si occupava delle inchieste di carattere economico, appalti e investimenti mafiosi al nord... di cui Spatuzza parla e che riguardano i rapporti tra i Graviano e Berlusconi."
Ricordiamo quanto scritto nella sentenza definitiva che ha condannato Marcello Dell'Utri: "In tale occasione veniva concluso l’accordo di reciproco interesse, in precedenza ricordato, tra “cosa nostra”, rappresentata dai boss mafiosi Bontade e Teresi, e l’imprenditore Berlusconi, accordo realizzato grazie alla mediazione di Dell’Utri che aveva coinvolto l’amico Gaetano Cinà, il quale, in virtù dei saldi collegamenti con i vertici della consorteria mafiosa, aveva garantito la realizzazione di tale incontro...".
E poi la figlia di Borsellino implacabile, ai microfoni di Ruotolo, chiede conto a tutti i magistrati che hanno dato piena credibilità alle dichiarazioni di Scarantino (eccezion fatta per Ilda Boccassini), elencando diverse domande che non hanno ancora avuto risposta. L'accusa poi alla Procura di Caltanissetta e ai magistrati massoni. ed ancora Deaglio: "Per dieci anni i magistrati di Caltanissetta non hanno preso in considerazione le dichiarazioni di Spatuzza fatte a Vigna e Grasso e che screditavano già nel 1998 Scarantino".
L'impegno che dobbiamo prenderci è questo: esigere la verità. Non solamente per i famigliari ma per noi stessi. Per l'Italia e il suo futuro.