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28 novembre 2021

Sulla legalizzazione dei derivati della Cannabis

Io rimango contrario. Disposto ad un confronto serio e serrato, ma per il momento sono contrario alla legalizzazione dei derivati della Cannabis.
Molti sono i numeri che vengono citati per sostenere la scelta opposta.
Alcuni li prendo dall'articolo di Saviano pubblicato sul Corriere il 21 settembre scorso: "I consumatori di cannabis sono oltre 6 milioni (dati Istat). Il mercato degli stupefacenti muove attività economiche illegali per 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 39% attribuibile al consumo di derivati della cannabis e quasi il 32% all’uso di cocaina. La legalizzazione potrebbe portare nelle casse dello Stato fino a 7 miliardi di euro l’anno e circa 35 mila nuovi posti di lavoro. Oggi questi soldi vanno alle mafie".
Inizio contestando l'ultimo passaggio. Il mercato dell’hashish e della marijuana è diverso dal mercato di Cocaina e Eroina. Difficile parlare di monopolio delle mafie.
Come si legge nella Relazione Annuale (relativa al 2020) della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DGSA), i gruppi criminali maggiormente coinvolti, in Italia, nei traffici più rilevanti, si confermano essere: 
- per la cocaina: la ‘ndrangheta, la camorra, le organizzazioni balcaniche e sudamericane; 
- per l’eroina: la criminalità campana e pugliese, in stretto contatto con le organizzazioni albanesi e balcaniche; 
- per i derivati della cannabis: la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli ed albanesi.

A pagina 325 della Relazione della DIA secondo semestre 2020 si legge che: "Sono in primo luogo le organizzazioni albanesi che emergono come broker internazionali in grado di movimentare ingenti quantità di marijuana, cocaina ed eroina attraverso la cooperazione di connazionali presenti in madrepatria, nell’America latina e in altri Paesi europei. Tali sodalizi possono quindi proporsi alle mafie italiane o ad altre organizzazioni criminali in qualità sia di produttori sia di affidabili intermediari. Stabilmente inseriti nel narcotraffico risultano anche i sodalizi nigeriani, quelli di origine magrebina per l’hashish, le organizzazioni criminali cinesi, filippine e bangladesi per le metanfetamine, i sodalizi sudamericani per la cocaina.
Penso non sia sbagliato dire che il mercato dei derivati della cannabis non è monopolio di questa o quella organizzazione criminale, ma piuttosto parcellizzato. Inserirsi nella filiera è cosa facile. Molto più semplice di quanto lo sia per la cocaina e l'eroina. Sappiamo quanti "si inventano" venditori di spinelli. Dire che il mercato sia in mano alle mafie (Cosa Nostra, 'ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita) penso non sia corretto. A meno che non si intenda con il termine mafia, sbagliando, le organizzazioni criminali. Allora, ça va sans dire, legalizzare qualsiasi sostanza produce l'effetto di eliminare i profitti illegali. A questa stregua se legalizzassimo la coca, sarebbe una mazzata pazzesca. Ma, giustamente, i danni alla salute sarebbero enormi ed eticamente insostenibili.
Punto secondo. Se legalizzassimo il consumo e la commercializzazione dei derivati della cannabis dovremmo coltivarli, lavorarli stoccarli confezionarli nel nostro territorio a meno che di arricchire i produttori olandesi e perdere i benefici economici del progetto.
Prendiamo ancora spunto dalla relazione della DGSA: "L’Italia, oltre che crocevia di transito, è anche Paese produttore; le piantagioni, da considerare molto redditizie, sono concentrate nelle regioni meridionali, che godono di condizioni climatiche favorevoli per la loro coltivazione". Come in Albania o in Marocco. Per sconfiggere la concorrenza legale e illegale dovremo convertire molte piantagioni in campi sterminati di Cannabis. Lasciamo stare le associazioni di consumatori che coltiveranno negli orti lungo la Martesana. I luoghi migliori rimarranno proprio quelli a più alta presenza criminale.
Perché la ndrangheta non dovrebbe buttarsi sulla produzione di hashish e marijuana legale, come ha fatto con il gioco d'azzardo, sbaragliando la concorrenza dei gruppi criminali maghrebini, spagnoli ed albanesi? Sarà non più attività illegale, ma legalizzata. Non si legalizzerà la mafia ancora, ma si genererà un nuovo mercato, florido e in espansione, in cui investire, riciclandoli, i proventi dalla cocaina e facendo terra bruciata (termine usato non a caso) dei concorrenti seri.
Il parallelo con il gioco d'azzardo è facile. 
Dal 1994 si è assistito ad una graduale legalizzazione del mercato del gaming e del betting. In Azzardopoli pubblicazione di Libera viene scritto che "Ben 49 clan gestiscono «i giochi delle mafie». ... 55 i clan mafiosi censiti nelle relazioni Antimafia in relazione all’usura". Le citazioni della relazione della DIA sono innumerevoli: "I sodalizi mafiosi, ampliando l’utilizzo della tecnologia, sono consacrati al cd gaming e betting, rispettivamente il settore del gioco d’azzardo e delle scommesse, ove imprenditori riconducibili alla criminalità organizzata, grazie alla costituzione di società sedenti nei paradisi fiscali, creano un circuito parallelo a quello legale, che consente di ottenere smisurati guadagni ed, in particolare, di riciclare, in maniera anonima, cospicue quantità di denaro" (pagina 348).
"La camorra, ... è riuscita a conseguire cospicui profitti nel settore del gaming, sembrerebbe propensa a proiettarsi a svolgere attività di riciclaggio..." (pagina 363).
"... Cosa nostra, i sodalizi del palermitano, al pari di quelli reggini, sono propensi a proiettarsi al prolifico settore del gaming...  Si reputa inoltre opportuno sottolineare il crescente interesse criminale per il gaming che nelle aree di proiezione è utilizzato quale strumento di riciclaggio mentre in Sicilia è funzionale anche al controllo del territorio" (pagina 364 e 401).
"E’ inoltre emerso il coinvolgimento di alcune famiglie pugliesi e della criminalità lucana e calabrese nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse on line" (pagina 322).
A pagina 401 viene citata la 'ndrangheta: "Spiccata è la sua vocazione imprenditoriale favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone del resto derivanti da attività illecite sempre più diversificate che spaziano dal narcotraffico internazionale (per cui è egemone almeno nel settore dell’importazione della cocaina), all’infiltrazione negli appalti pubblici, alle estorsioni, al gaming e perfino al business dei prodotti petroliferi".
Terzo. Bisogna poi arrendersi: la legalizzazione aumenterà i consumatori. Qui non ci sono numeri, ma penso siate tutti convinti che, tra gli adulti, il fatto che non sia più sostanza illegale, produrrebbe almeno la curiosità, in milioni di persone, di provarci e passare serata diversa con gli amici. 
Quarto punto. Lo si evince dalla relazione della Relazione annuale al Parlamento 2018 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, curata dal Dipartimento per le politiche antidroga. Il 33,5% degli studenti 15-19enni, 850.000 ragazzi, ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, il 25,8% (quasi 660.000 studenti) l’ha usata nel corso del 2019, e il 15,6% (quasi 400.000) nel corso dell’ultimo mese. Il 3,2% degli studenti (oltre 80.000) ha riferito di averne fatto un uso frequente, ossia 20 o più volte nel corso dell’ultimo mese. Un dato, quello della diffusione tra i giovanissimi, che non emerge dal semplice numero dei consumatori citato da Saviano. I minori potranno acquistare ai coffe shop? Per il momento non dovrebbe proprio essere così. E lo spero. Quindi una gran fetta di consumatori dovranno per forza rivolgersi ancora al mercato illegale che dovrebbe comunque sopravvivere sapendo però che quei clienti dovranno essere fidelizzati. Magari proponendo nuove droghe.
Possiamo ben immaginare anche che molte delle centinaia di migliaia di persone dedite al piccoli e medio spaccio di hashish e marjuana in Italia non troveranno posto nei coffe shop, oppure in fabbrica, perdendo i facili guadagni odierni. Alcuni si. Altri non rinunceranno ai 50 euro al giorno. Proveranno a vendere ai minori, oppure si dedicheranno ad altre sostanze più "per giovani".
Il quinto e sesto punto che cito li considererei pro legalizzazione. Il primo tristemente pro legalizzazione riguarda le entrate per l'erario. Come per il gioco d'azzardo legale, i proventi per l'erario saranno enormi (sette miliardi per difetto), magari da dedicare, in gran parte, alla dissuasione del fumo ai controlli sui produttori e alle terapie per uscire dalle dipendenze.
Per il momento. L'unico vero e serio beneficio che riconosco, sarà nella qualità dei prodotti. Sicuramente molto migliori e controllati di quelli propinati ora. Tagliati con la qualsiasi.