Gabriele Vitalone si è dimesso. Nominato nel 2017 assessore a Senago, a ottobre dello stesso anno gli vengono revocate le deleghe dopo l'arresto per associazione mafiosa del fratello Giovanni.
Passati tre anni le deleghe gli vengono restituite dalla sindaca, Magda Beretta, e torna ad essere assessore, proprio nel momento in cui il fratello Giovanni viene condannato in via definitiva. Ora di nuovo, esce dalla Giunta.
Avevo scritto di Gabriele Vitalone circa un anno fa. Nell'intervento in aula nel giorno del ritorno, per 20 minuti, invece che parlare di quanto accaduto che ha così gravemente coinvolto la sua famiglia e l'intera comunità di Senago, invece di parlare dell'incarico che stava assumendo e dell'impegno contro la presenza 'ndranghetista nel suo Comune, fa la lista dei buoni e cattivi. Di chi è stato con lui e di chi contro.
Ora, quando manca oramai un mese alle elezioni, si dimette, e annuncia che non si potrà ricandidare.
Ma cosa è successo? Lui difende la Sindaca. E' stata costretta. "Ha avuto forti pressioni". Sostiene: "Tra le condizioni della sua ricandidatura, c'era il fatto che io non ci fossi" La Sindaca, non smentisce, non insiste che lui ci ripensi e non esprime una sola parola in sua difesa o di rammarico per la scelta. Lui la difende comunque. Ma chi abbia fatto pressione e perché non si sa? Nessuno lo dice. Nessuno si prende "il merito" di averlo allontanato. Anzi, Magda Beretta, pezzo grosso della Lega, non reagendo alle dichiarazioni del suo assessore, sembra voler dire che lei lo avrebbe sicuramente ricandidato.
Vitalone durante la conferenza stampa di settimana scorsa si sfoga: "Se non fossi stato in politica tutto questo non sarebbe accaduto!". E qui ha ragione. Anche se non se ne rende conto. Chi fa politica, i cittadini a cui si affidano incarichi pubblici, come dice l'articolo 54 della nostra Costituzione, quegli incarichi devono svolgerli con onore e disciplina. A loro è richiesto molto di più.
Ricordo a Gabriele Vitalone che non abbiamo nulla contro i familiari dei mafiosi. Ogni 9 maggio ricordiamo Peppino Impastato, figlio di mafioso, un esempio di vita per tutti noi. Una persona che ha fatto della personale battaglia contro le mafie la sua missione. Ecco. Le chiedevamo questo.
Ma questa volta, Vitalone, non ce l'ha con chi lo ha messo di fronte ai fatti e gli ha chiesto la chiarezza di una scelta di campo e, in alternativa, un passo indietro. Ma con chi lo ha tradito. Non la Beretta. Ma quelli che militano nel suo ex partito, Forza Italia, nelle cui liste era stato eletto con 150 voti. Non pochi.
In diversi dicono che sia Domenico Zappani, segretario di Forza Italia, neanche lui candidato in questa tornata elettorale il vero vincitore di questa partita. E, ironia della sorte, Zappani compare in un articolo del 2014 su Il Fatto Quotidiano. In quell'articolo vengono citate le intercettazioni di un'inchiesta che hanno messo in evidenza i rapporti tra lui e Giuseppe Vottari. Dice Vottari: “Mi sono rallegrato dico chiamo per fargli gli auguri”. Risponde Zappani: “Avete fatto bene grazie molto gentile”. Nell'articolo si citano i Carabinieri del Nucleo investigativo che sostengono che Giuseppe e Domenico Vottari, "promuovono" "un'organizzazione criminale dedita all’importazione e spaccio di cocaina”, che ha “il controllo del territorio di Cesate con ramificazioni anche su parte di Garbagnate Milanese”, e mira “ad assumere il controllo del comune di Senago (…) acquisendo la gestione di attività economiche, procurando per sé e per altri voti in occasione delle consultazioni elettorali. In un'altra nota datata 5 agosto 2010 della Stazione Carabinieri di Joppolo comune di Vibo Valentia, luogo natio di Zappani, si legge che, "pur non risultando appartenere ad alcuna cosca, nei periodi di permanenza in quel centro lui sia solito associarsi ad affiliati al clan Mancuso di Limbadi”.
A questo punto non possiamo che concludere citando l'ex assessore: "Io non ho mai ricevuto la visita di un carabiniere che mi chiedesse la carta d'identità!"