Gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno misero in atto una vera e propria trattativa con il vertice di Cosa nostra attraverso un dialogo segreto avviato con l’ex sindaco Vito Ciancimino, dopo la strage di Capaci.
Ma non è reato. "Furono mossi piuttosto da fini solidaristici (la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale e di tutela di un interesse generale e fondamentale dello Stato». Così recitano le motivazioni della sentenza d'appello del Processo Trattativa. Peccato che da Capaci in poi di stragi ce ne sono state altre 3. Sedici le persone uccise. Altre 3 attentati, solamente per miracolo, non causarono vittime. Un bel successo per gli uomini dei Ros. Non c'è che dire.
I magistrati nelle motivazioni della sentenza di assoluzione degli uomini dei Ros, nonostante indichino nell'interessamento di Borsellino all'inchiesta appalti, i motivi della Strage di via d'Amelio, scrivono: "logico ritenere che Riina, compiacendosi dell’effetto positivo per l’organizzazione mafiosa prodotti dalla strage di Capaci (la trattativa avviata con Ciancimino), possa essersi determinato a replicare con via d’Amelio, quella straordinaria manifestazione di forza criminale”. In buona sostanza la trattativa esalta Riina e radicalizza le sue posizioni.
I giudici ritengono “sconcertanti le omissioni” che seguirono alla cattura del boss Riina, e in particolare alla mancata perquisizione del suo covo. E ritengono che sia stato favorita la “latitanza soft” di Bernardo Provenzano da “indicibili ragioni di interesse nazionale a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa Nostra”.
Anche Marcello Dell’Utri viene assolto. Per i giudici, però, l’ex senatore «aveva piena conoscenza» del progetto «ricattatorio-minaccioso» dei boss, ma «non c’è prova che abbia fatto da tramite per comunicarlo a Berlusconi quando era presidente del Consiglio». Quindi confermano ancora una volta la vicinanza del fondatore di Forza Italia con Cosa Nostra e datano i rapporti di Dell’Utri con esponenti mafiosi, con Vittorio Mangano in particolare, fino al 1994. E non fino al 1992, come invece fatto dalla Corte che ha condannato l’ex senatore di Forza Italia per concorso esterno in associazione mafiosa.
Significativo anche ciò che scrive Scarpinato su Il Fatto Quotidiano. Nell'affrontare tale delicatissimo tema, inspiegabilmente nelle 2971 pagine della motivazione, la Corte non spende un solo rigo:
- sulla sottrazione dell’agenda rossa da uomini degli apparati istituzionali;
- sulla forzata induzione di Scarantino a rendere false dichiarazioni;
- sulla presenza, rivelata da Spatuzza, di un soggetto esterno a Cosa Nostra nel momento cruciale del caricamento dell’esplosivo nella Fiat 126;
- sugli “infiltrati della Polizia” dei quali Franca Castellese il 14 dicembre ‘93 implorò il marito Mario Santo Di Matteo di non fare menzione ai magistrati, dopo che a seguito della sua collaborazione con la giustizia era stato rapito il loro figlio Giuseppe;
- sulle accertate e vive preoccupazioni di Borsellino nei confronti degli uomini del Sisde;
- sull’omicidio ordinato da Riina negli stessi giorni della strage del capomafia di Alcamo Vicenzo Milazzo, che si era rifiutato di unirsi alla strategia stragista, declinando per tre volte le sollecitazioni ricevute da uomini dei servizi segreti con cui si era incontrato alla presenza di un colletto bianco che è stato identificato .
"I gravissimi fatti sopra accennati, dei quali la Corte non fa alcuna menzione, e i plurimi e complessi interventi depistatori di vari esponenti di apparati statali sino a epoca molto recente sono assolutamente incompatibili con l’ipotesi riduzionista prospettata dalla Corte. ... E attestano che vi erano ben altri scheletri che rischiavano di uscire dall’armadio se Borsellino fosse rimasto in vita e avesse potuto trasfondere in atti giudiziari l’esito delle sue indagini sui responsabili e le complesse causali della strage di Capaci. Ed è evidente che l’agenda rossa non fu sottratta per tutelare i mafiosi esecutori della strage, ma i loro compici eccellenti.