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26 gennaio 2023

Bisogna rilanciare il Codice etico dello sport

Perché il Codice Etico dello Sport? La migliore risposta si trova nella storia di Marco Molluso, Paolo Giuliano, Paolo Gatti, il Padel e i tre centri sportivi a Milano: De Nicola, Largo Balestra, Pozzo Bonelli. Marco Molluso, ex allenatore della Castanese (Serie D) è accusato di reati tributari, fatture per operazioni inesistenti che gli hanno consentito di investire capitali illeciti (autoriciclaggio) nei campi da paddle del Centro Sportivo Sant'Ambrogio di proprietà del Comune di Milano, dato in concessione a PALAUNO A.S.D. - PL1. Marco Molluso, con precedenti per spaccio, nipote di Giosofatto Molluso, condannato per 416 bis.

A gennaio 2014 lo presentammo in Commissione Antimafia dopo un lungo lavoro con Anna De Censi (allora presidente della Commissione Sport), Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico e, soprattutto, Paolo Bertaccini di Transparency International.

Il Codice Etico era ma potrebbe ancora essere uno strumento in mano alle società sportive per autotutelarsi da interessi distorsivi, illegittimi e criminali. Uno strumento che promuove la partecipazione effettiva dei soci. Promuove e rafforza l‘autoregolamentazione delle associazioni/società sportive. Assume un ruolo di autotutela per l'Amministrazione concedente gli spazi pubblici. Rafforza la percezione dello sport come luogo pulito avviando nelle società un percorso di consapevolizzazione dei rischi che corre. 

Lo sport, ma il calcio in particolare, fa gola alla mafia perché genera consenso e, facilmente, questo consenso può essere utilizzato a fini elettorali. In qualità di presidente ti permette di avere rapporti consolidati con le figure istituzionali più importanti di quel territorio. Diventare in breve tempo un benefattore per il "bene" che le attività sportive generano per i ragazzi. Attorno al calcio circola molto denaro contante; vive anche delle sponsorizzazioni che possono facilitare la creazione del nero nei bilanci delle aziende che ci investono. Impegna parecchie risorse per la gestione, manutenzione e riqualificazione dei centri sportivi. Può dare lavoro, poco qualificato a chiunque, nel bar, nella custodia e manutenzione ordinaria del centro. Così era stato per i Flachi nel Centro Sportivo Ripamonti di via Iseo. D'altro canto la storia del clan Flachi e gli arresti del marzo 2011 e poi la lettera del Prefetto, la rescissione della concessione con la Milano sportiva Asd e poi, infine, il terribile incendio dell'ottobre di quell'anno, qualcosa hanno insegnato. E proprio da quella esperienza il Codice etico decollò. Ricordiamo le parole scritte nella sentenza della Corte del Tribunale di Milano presieduta da Aurelio Barazzetta: "Si può intuire, che il Centro sportivo Iseo fosse gestito da persone della congrega criminale che esercitavano una sostanziale egemonia su quella porzione di territorio della metropoli milanese. Essi decidevano sul personale da assumere, risolvevano le controversie, gestivano i servizi, incassavano i guadagni... La gente sapeva che per poter sperare in un posto di lavoro presso il Centro Iseo, doveva rivolgersi a Davide Flachi." 

Nel Codice Etico dello Sport si scrive che: i soggetti firmatari si impegnano a non veicolare in alcun modo attraverso le pratiche sportive quotidiane una mentalità in cui disattendere o aggirare le norme, per qualsivoglia ragione, abbia una sua legittimità, E poi indicazioni che tendono a salvaguardare la trasparenza, la effettiva partecipazione dei soci e quindi la reale democrazia interna per le associazioni sportive. Sottolineando che ogni associazione/società sportiva deve prestare particolare attenzione alla forma giuridica , impegnandosi a evitare commistioni o situazioni che ingenerino confusione, opacità e non corrispondenza fra fini perseguiti, mezzi prescelti. E poi la selezione di dirigenti, istruttori, allenatori e la trasparenza nei contratti e l'impegno a trattare grandi appalti per opere importanti di riqualificazione, alla stessa stregua degli appalti pubblici, perché poi quella piscina, quel palazzetto, rimarrà pubblico e deve essere costruito bene e da da aziende sane. 

Nel testo troviamo un punto dirimente a cui io tenevo particolarmente: era obbligo per tutte le concessionarie verificare che coloro che si candidano per posti direttivi o funzioni di controllo (sia retribuiti che non retribuiti) e, a maggior ragione, coloro che vengono eletti nei posti direttivi o a funzioni di controllo: non abbiano subito condanna penale anche con sentenza non definitiva o con provvedimenti equiparabili a sentenza per fatti o comportamenti che si pongano in contrasto con i principi e le regole del Codice: con particolare riferimento alle problematiche relative ai reati di mafia e di criminalità organizzata, ai reati contro il patrimonio e contro lo Stato, e ai reati lesivi della dignità e dei diritti della persona. Le condizioni sopradescritte erano cause di ineleggibilità a ruoli dirigenti e a funzioni di controllo, e qualora sopravvenute, provocano la immediata decadenza dal ruolo/funzione, per la durata della pena, avvisando i soci e il Comune Concessionario. La società poteva anche proporre scelte diverse motivandole e chiedendo all'Amministrazione Comunale di esprimere un parere vincolante.    

Ricordiamo che Direttore Generale della Polisportiva Lombardia Uno srl gestore del Palazzetto di Largo Balestra e di via Cilea, è tal Paolo Giuliano. 

Non mi pare emerga dall'ordinanza da quanto tempo Giuliano abbia quel ruolo, ma si può immaginare che la sua presenza sia addirittura precedente all'investimento di Molluso nei campi di padel al quartiere Sant'Ambrogio. Pone quindi sei dubbi sulla gestione della società di cui è direttore generale e che ha in concessione altre due strutture del Comune di Milano. 

Nelle note dell'ordinanza viene scritto che Giuliano è stato condannato definitivamente per omesso versamento delle ritenute e per bancarotta fraudolenta. Nel maggio 2018, veniva tratto in arresto dal GICO della Guardia di Finanza di Milano per avere agevolato il clan ALVARO di Sinopoli (RC). Nel luglio 2020 lo condannava per tutti i reati ascrittigli ad eccezione dell'aggravante di cui all'articolo 416 bis I C.P. irrogandogli la pena di anni tre, e mesi dieci di reclusione (il procedimento è in fase d'appello). 

Sono convinto che ci siano anche altri motivi per portare la rescissione delle concessioni in essere con la società intestataria della concessione del campo di Via De Nicola e con le società riconducibili a Paolo Gatti. 

Sarebbe comunque interessante sapere se la Polisportiva Lombardia Uno avesse sottoscritto il Codice e se l'Amministrazione sapesse della presenza di Paolo Giuliano. I suoi precedenti. Se sia stato interlocutore del Comune di Milano. Se vi fossero state segnalazioni in proposito. 

Sono convinto che il Codice Etico sia da rispolverare e rilanciare rendendolo obbligatorio per tutte le concessionarie. Quindi anche Milan e Inter. Ponendolo anche come condizione per l'ottenimento di contributi da parte del Comune e per il rinnovo delle concessioni di impianti di carattere zonale.

Il controllo a tappeto sui dirigenti in essere delle società concessionarie sarebbe poi assolutamente necessario.

E poi formazione. Anche dei dirigenti. E controllo. Differenziare le strutture di quartiere, da sostenere, da quelle che generano profitto per le quali i bandi devono essere frequenti e rigorosi. Controllare i vertici e i conti. Facendo da sponda ai soci e agli atleti nel caso ci fossero opacità, richieste di trasparenza, anche nella scelta di dirigenti, fornitori e sponsor.