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15 luglio 2023

L'entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti e i combinati disposti con la riforma Cartabia e la riforma Nordio

Dal primo luglio è entrato in vigore il nuovo codice dei contratti. Chi ha potuto ha bandito le gare prima. Lanciandosi in una faticosissima corsa contro il tempo, concedendosi poi tempo per capire come potrà funzionare un bando pubblico, nei prossimi anni. La discrezionalità sarà sicuramente maggiore. 

L'elemento, purtroppo di derivazione europea, che allarma di più, inserito tra le novità del nuovo codice riguarda il subappalto a cascata. Il segretario della Fillea-Cgil, Genovesi, commentando la novità diceva: "Assisteremo a una frammentazione dei cicli produttivi, alla nascita di imprese senza dipendenti. Aumenteranno zone grigie, infortuni, sfruttamento e rischi di infiltrazione criminale".

E' vero che oramai le gare scompaiono*  Possiamo però continuare a sostenere che le stazioni appaltanti possono veramente fare ciò che vogliono. Anche bandire comunque gare aperte sotto soglia. Invitare le aziende partendo da un elenco che si costruisce a priori, un albo sempre aperto, che aiuta a selezionare preventivamente, per tipologia di lavoro o fornitura o servizio. i contraenti potenziali. 

La parola, "almeno", utilizzata nel codice ci dice chiaramente che gli inviti potrebbero anche essere anche 50. Non bisogna per forza sottostare pedissequamente a quanto scritto nella norma.

Non si potranno però più estrarre le aziende da invitare. Stratagemma fortemente osteggiato da Ance, scelto da Milano fino a ieri, in modo da evitare il più possibile che le aziende si mettano d'accordo prima di presentare l'offerta. Superato dalla recente riforma.

Per il subappalto a cascata pare, per il momento, che il codice non dica nulla su autorizzazioni e controlli preventivi. Chiunque in teoria potrebbe entrare in cantiere. Società che non avevano i requisiti della gara e che vengono coinvolte senza che lo si sappia 

Proprio in questi giorni si è tornati a stigmatizzare gli effetti della riforma Cartabia, proprio sul codice dei contratti. Modificando l'art. 445 comma 1-bis del codice di procedura penale, prevedendo che "... non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall'art. 444 co. 2 c.p.p. alla sentenza di condanna", chiunque abbia patteggiato per corruzione, può proseguire ad essere figura apicale dell'azienda senza pregiudicare l'aggiudicazione di appalti pubblici. Prima il patteggiamento era causa di esclusione, paragonabile a condanna. Ora non più. A meno che sia applicata la pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione.

Cosa dire infine sul reato di abuso d'ufficio. Molto si è detto in riferimento a quanto deciso il 15 giugno 2023 quando il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge, su iniziativa del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che contiene la proposta di abrogare l’art. 323 c.p.. Staremo a vedere se la riforma verrà votata così dal Parlamento.

In un articolo comparso su Sistema penale si colgono molto bene il perimetro e i rischi. Il campione dal quale partono è di 500 sentenze dal 97 ad oggi. La Suprema Corte giunge a un’affermazione di sostanziale fondatezza dell’addebito nel 51,5 %, dei casi. La prescrizione viene pronunciata in ¼ dei casi, il 26 %. Non sembrerebbe vero che i sindaci siano un bersaglio privilegiato del presunto accanimento delle procure: "le sentenze che li riguardano sono di poco più numerose di quelle che hanno ad oggetto detentori di altre cariche elettive, ma di molto inferiori a quelle che invece vedono come protagonisti dei ‘tecnici’ (dirigenti di uffici di enti territoriali, medici, professori universitari…)". 

Le vicende analizzate riguardano in particolare il settore dell’edilizia, ma anche gli appalti. E qui la gravità dell'ipotizzata abrogazione, salta all'occhio, proprio in relazione all'ampia discrezionalità che viene data dalla riforma del Codice dei contratti, per gli affidamenti sotto i 150 mila euro e di cui abbiamo parlato prima. La casistica, richiamata dalla prestigiosa rivista online, indica ipotesi di favoritismi nell’assegnazione dei lavori "in assenza dei presupposti previsti dalla legge – per esempio, di necessità e di urgenza –, nei confronti di persone sfornite dei requisiti necessari al compimento dell’opera...". Particolarmente odiosi sono i comportamenti che non sarebbero più penalmente perseguibili in ambito sanitario: "... favoritismi nell’assegnazione di incarichi o demansionamenti posti in essere per antipatia o ritorsione, ma anche “collusioni” fra medici e cliniche private consistenti nell’affidamento di servizi a prezzi non convenienti per l’ente pubblico o nell’indebito accaparramento di pazienti, indirizzati a cliniche private per il compimento di esami e trattamenti accessibili anche presso strutture sanitarie pubbliche".

Nella terza e ultima parte prenderemo in considerazione le armi utili per difendere i fondi europei. Quelle affilate, quelle che devono essere ora utilizzate senza indugi. Quelle che non devono essere toccate dalle cosiddette riforme. 

*L'affidamento diretto dei lavori avverrà sotto ai 150.000 euro. Per i lavori tra i 150.000 € e 1.000.000 € si dovranno invitare alla procedura almeno 5 operatori (erano 10 da 350 mila). Tra il milione di euro e i 5.382.000 € gli inviti devono essere estesi ad almeno 10 operatori (erano 15). Per i beni/servizi, per importi inferiori a 140 mila euro affidamento diretto. Era sotto ai 75 mila. Quarantamila fino a 3 anni fa. Per affidamenti pari o superiori a 140.000 € e fino a 215.000 € (ovvero 750.000 € per servizi sociali) è previsto l’invito ad almeno 5 operatori, individuati sempre secondo indagini di mercato o attraverso elenco/albo interno (come prima).