-->

19 maggio 2024

Claudio Martelli: nuova acrobazia su Falcone

Claudio Martelli riesce, intervistato da Francesco Verderami su Giovanni Falcone, a far titolare al Corriere della Sera: "Toghe colpevoli per la sua morte" (https://www.corriere.it/politica/24_maggio_19/claudio-martelli-giovanni-falcone-intervista2-45753f59-e51e-43a7-9f57-d56ab7fbaxlk.shtml?refresh_ce).

L'ardita acrobazia si poggia su una porzione di frase del discorso del 25 giugno 1992 di Paolo Borsellino (https://centrostudiborsellino.it/2021/06/25/il-25-giugno-1992-paolo-borsellino-tiene-il-suo-ultimo-discorso-pubblico/).

Proviamo a rileggere l'intero brano in cui è inserita la citazione utilizzata d'allora Ministro di Grazia e Giustizia del Governo Andreotti, che, come suo solito, fa fatica a fare un'autocritica, una sola, nel suo operato di quegli anni. 

E' il 25 giugno 1992, Paolo Borsellino, prima della metà del suo discorso cita una frase, tra l'altro, di un'altra toga, Antonino Caponnetto: "Giovanni Falcone cominciò a morire nel gennaio del 1988", quando il CSM gli preferisce Antonino Meli alla Procura di Palermo. Borsellino dice: "Io condivido questa affermazione di Caponnetto. Con questo non intendo dire che so il perché dell’evento criminoso avvenuto a fine maggio, per quanto io possa sapere qualche elemento che possa aiutare a ricostruirlo, e come ho detto ne riferirò all’autorità giudiziaria; non voglio dire che cominciò a morire nel gennaio del 1988 e che questo, questa strage del 1992, sia il naturale epilogo di questo processo di morte. Però quello che ha detto Antonino Caponnetto è vero, perché oggi che tutti ci rendiamo conto di quale è stata la statura di quest’uomo, ripercorrendo queste vicende della sua vita professionale, ci accorgiamo come in effetti il paese, lo Stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro, cominciò proprio a farlo morire il 1° gennaio del 1988, se non forse l’anno prima, in quella data che ha ora ricordato Leoluca Orlando: cioè quell’articolo di Leonardo Sciascia sul Corriere della Sera che bollava me come un professionista dell’antimafia, l’amico Orlando come professionista della politica, dell’antimafia nella politica". 

Se si parla dell'esperienza a Roma di Falcone, allora è bene citare anche il pensiero finale espresso da Borsellino quella sera: "Poi possono essere avanzate tutte le critiche, se avanzate in buona fede e se avanzate riconoscendo questo intento di Giovanni Falcone, si può anche dire che si prestò alla creazione di uno strumento che poteva mettere in pericolo l’indipendenza della magistratura, si può anche dire che per creare questo strumento egli si avvicinò troppo al potere politico, ma quello che non si può contestare è che Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto tornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura».